MeToo, ex stella politica Sudcorea dichiarato non colpevole stupro

MeToo, ex stella politica Sudcorea dichiarato non colpevole stupro
La segretaria, Kim Ji-eun e il leader politico, Ahn Hee-jung
14 agosto 2018

Una delle ex ‘stelle’ della politica sudcoreana, che aveva rinunciato alla sua carriera dopo essere stato accusato di violenza sessuale dalla sua segretaria, è stato assolto da un tribunale di Seoul. Ahn Hee-jung, che lo scorso anno arrivò secondo nelle primarie per il candidato del Partito democratico alle elezioni presidenziali, alle spalle del futuro vincitore Moon Jae-in, è la personalità più importante della Corea del Sud a essere stata travolta dall’ondata della campagna #MeToo.

Una delle sue segretarie, Kim Ji-eun, aveva accusato Ahn di averla violentata quattro volte da quando l’aveva assunta, nel giugno 2017. Ahn Hee-jung, che prima che lo scandalo scoppiasse era stato considerato un potenziale candidato alla successione di Moon, è stato dichiarato non colpevole di violenza sessuale, di relazioni sessuali per abuso di autorità e altri capi di accusa dal tribunale del distretto ovest di Seoul. “Mi dispiace e mi vergogno tanto”, ha dichiarato Ahn uscendo dal tribunale. “Ho deluso molte persone e cercherò di rinascere”.

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A marzo aveva annunciato le sue dimissioni dalla carica di governatore della provincia di Chungcheong Sud e, contestualmente, il suo ritiro dalla vita pubblica. Malgrado la modernità tecnologica ed economica, la Corea del Sud resta una società molto patriarcale. Il sistema giudiziario, largamente dominato da uomini, spesso è accusato di prendere decisioni favorevoli a imprenditori accusati di violenze sessuali. L’inchiesta fu aperta dopo le confessioni televisive di Kim, che spiegò di non aver avuto la forza di resistere al suo a causa di legami gerarchici. Ahn, 53 anni, si era scusato pubblicamente, aveva rassegnato le dimissioni per poi essere incriminato.

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Ma ha sempre sostenuto che i rapporti con la sua segretaria fossero consenzienti. Il tribunale ha stabilito che non ci sono prove che Ahn abbia usato la sua autorità per costringere Kim ad avere rapporti sessuali, aggiungendo che il dossier presentato dalla procura – che chiedeva quattro anni di reclusione – “non fosse sufficiente per dimostrare” il capo di imputazione. Alla lettura della sentenza decine di militanti per i diritti femminili erano assiepate all’esterno del tribunale, non lontane dai sostenitori di Ahn.

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