Mille emendamenti alle riforme, da governo ok a piccoli ritocchi

Mille emendamenti alle riforme, da governo ok a piccoli ritocchi
24 novembre 2014

Sulla riforma del Senato e del Titolo V piombano in commissione Affari Costituzionali alla Camera circa mille emendamenti. Cinquecento solo da M5S, parecchi dalla minoranza Pd, risultano comunque un’inezia rispetto alle quasi 8mila proposte di modifica presentate allo stesso ddl durante la prima lettura a Palazzo Madama. Tutti di merito stavolta. Non ci vede nessun intento ostruzionistico neanche il presidente della Commissione, Francesco Paolo Sisto, relatore insieme ad Emanuele Fiano. In settimana inizierà l’esame del provvedimento atteso in Aula per il 10 dicembre. Ma poco cambierà. “L’impianto fondamentale del testo uscito da Palazzo Madama con l’elezione indiretta del nuovo Senato e l’abolizione delle materie concorrenti nel nuovo Titolo V deve restare”. Tuttavia “ci sono delle istanze sul tema dell’elezione del presidente della Repubblica e sul voto a data certa che possono essere valutate”.

Il governo, infatti, a quanto si apprende, darà il via libera ad alcuni emendamenti unitari del Pd che prevedono l’ampliamento della platea che elegge il presidente della Repubblica ripristinando la partecipazione dei delegati regionali; l’innalzamento del quorum per l’elezione del capo dello Stato passando dalla maggioranza assoluta prevista dal testo Senato dopo il nono scrutinio ai 3/5 dei votanti dal sesto scrutinio; la semplificazione del procedimento legislativo non basandolo più sulla distinzione per materia. Un altro punto dell’articolato che ha buone chance di essere modificato è l’articolo che prevede il giudizio preventivo di legittimità costituzionale delle leggi elettorali: il ddl approvato a Palazzo Madama in prima lettura prevede che le leggi elettorali possano essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale della Consulta se 1/3 dei componenti di una Camera presenta un ricorso motivato. Con l’emendamento del Pd su cui ci sarebbe accordo basterà 1/5 dei componenti.

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Potrebbe essere ridimensionato anche l’istituto del voto a data certa, ovvero la prerogativa del governo di chiedere entro 60 giorni il voto su un proprio provvedimento. La minoranza del Pd ne chiede l’abolizione ma è probabile che il governo concederà solo un limite ai casi in cui può essere esercitato. Strada sbarrata invece a D’Attorre, Bindi, Cuperlo&co. sul nuovo Senato: i deputati della minoranza hanno presentato un emendamento Bundesrat chiedendo che la nuova Camera alta sia composta su modello tedesco dai presidenti delle Giunte regionali e dai presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano e che ciascuna Giunta designi tra i propri componenti i senatori che le spettano. In tutto a prima firma D’Attorre sono stati presentati dieci emendamenti: si chiede il taglio del numero dei deputati da 630 a 500, la previsione dei deputati a vita al posto dei senatori a vita, la modifica dell’articolo 81 della Costituzione che prevede il pareggio di bilancio. Dalla minoranza dem arriva anche un emendamento di Giuseppe Lauricella che stabilisce che le riforme entrino in vigore dopo i ‘mille giorni’, ossia il 29 maggio 2017, l’orizzonte che il premier Matteo Renzi si è dato per completare il programma.

Nella maggioranza Scelta civica chiede lo stop alle pensioni e ai vitalizi d’oro dei parlamentari e dei consiglieri regionali con la possibilità di intervenire, anche retroattivamente; Ncd con i suoi 29 emendamenti chiede tra le altre cose che sui temi sensibili come la famiglia, il matrimonio e la salute decida la Camera politica rappresentativa dei cittadini e sede del rapporto fiduciario. Dall’opposizione invece M5S firma 500 emendamenti, Sel 178, un centinaio la Lega, altrettanti Fi.

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