Sanità e pensioni: le sfide della manovra 2025 tra vincoli europei e richieste interne

Sanità e pensioni: le sfide della manovra 2025 tra vincoli europei e richieste interne
Giorgia Meloni
9 settembre 2024

Una manovra che sarà “nel solco di una politica di bilancio seria ed equilibrata” che porrà fine alla stagione dei bonus e che partirà con la presentazione del Piano strutturale di medio termine confermata entro il termine fissato per il 20 settembre.

E’ quanto riferito in una nota dei leader del centrodestra diffusa al termine dell’incontro che si è tenuto a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni e con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Appuntamento che si punta a far diventare di routine, almeno ogni due settimane fino alla chiusura della legge di bilancio, per coordinare a livello politico l’iter della manovra.

I temi più caldi

Nel corso della riunione Giorgetti ha illustrato ai leader del centrodestra “la situazione dei conti pubblici ad oggi” in attesa dei dati sui conti nazionali che arriveranno tra due settimane e sui risultati del concordato preventivo biennale. Il Ministro dell’economia ha anche illustrato le nuove procedure di bilancio che scatteranno quest’anno alla luce del nuovo Patto europeo.

Dunque, con l’avvicinarsi della Manovra 2025, il governo Meloni si trova davanti a una serie di decisioni cruciali. Tra i temi più caldi spiccano le pensioni e la sanità, settori che richiedono risorse significative ma che devono essere gestiti all’interno delle rigide regole fiscali imposte dall’Unione Europea. Mentre il governo cerca di bilanciare gli investimenti, la premier Giorgia Meloni e il suo team si trovano a fronteggiare sfide politiche e finanziarie sempre più pressanti.

Tra le ipotesi di intervento cui il governo non intende rinunciare in primis il taglio del cuneo contributivo (dal costo di 10,7 miliardi) e poi un intervento a sostegno dei redditi medi, riducendo dal 35% al 33% la seconda aliquota Irpef. Il costo dell’operazione si aggira attorno a 2,2 miliardi. “Vogliamo lavorare sulle aliquote Irpef, passando dal 35 al 33% fino a 60.000 euro di reddito – ha riferito stamattina il vicepremier Antonio Tajani – alzando dunque il tetto minimo di chi trae beneficio. Riteniamo necessaria una zona ‘zero tasse’ fino ai 12.000 euro”.

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Due miliardi per la sanità, ma sono sufficienti?

Una delle priorità della Manovra 2025 è la sanità, per cui si prevede un investimento di due miliardi di euro. Tuttavia, questa cifra potrebbe rivelarsi insufficiente per sostenere un sistema che, negli ultimi anni, ha mostrato evidenti segni di difficoltà. L’opposizione, guidata da Elly Schlein, ha già criticato aspramente questa decisione, proponendo di raddoppiare l’investimento a quattro miliardi per far fronte alle esigenze del settore e aumentare la spesa sanitaria in rapporto al PIL già a partire dal 2025. La situazione è resa ancora più complessa dal calo dell’incidenza della spesa sanitaria sul PIL. Secondo il Documento di economia e finanza di aprile, questo rapporto scenderà dal 6,4% nel 2024 al 6,3% nel 2025-2026, per poi calare ulteriormente al 6,2% nel 2027.

Questa tendenza rappresenta un punto debole per il governo Meloni, che ha spesso rivendicato di aver investito molto nella sanità. Per contrastare le accuse di Schlein, che ha parlato di una “verità molto parziale” nelle dichiarazioni della premier, Meloni ha incaricato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, di predisporre un piano di aumento graduale della spesa sanitaria. Questo piano sfida le nuove regole fiscali europee, che impongono di contenere la crescita della spesa pubblica. Tuttavia, far quadrare i conti non sarà facile: aumentare la spesa sanitaria potrebbe richiedere tagli in altre aree cruciali come pensioni e istruzione.

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Pensioni: stretta in vista e incentivi per restare al lavoro

Anche sul fronte delle pensioni la situazione è complessa. Il governo sta cercando di contenere la spesa pensionistica senza penalizzare eccessivamente i lavoratori. La Lega, alleata del governo, spinge per l’introduzione dell’uscita anticipata con 41 anni di contributi, ma con una penalizzazione legata al ricalcolo contributivo. Tuttavia, è improbabile che vengano aperti nuovi canali di pensionamento. Piuttosto, il governo sembra orientato verso un irrigidimento delle attuali norme, con l’allungamento delle finestre di uscita e il ritardo del momento del pensionamento.

Per incentivare i lavoratori a rimanere in attività, si stanno valutando bonus mirati, sul modello del vecchio “bonus Maroni”. Questi incentivi potrebbero spingere categorie come le forze dell’ordine a rinunciare al pensionamento anticipato in cambio di un aumento netto dello stipendio, derivante dalla rinuncia ai contributi previdenziali. Nel settore pubblico, si sta anche discutendo la possibilità di eliminare il pensionamento automatico al raggiungimento dei requisiti. La risoluzione obbligatoria del rapporto di lavoro a 65 anni, per chi ha già versato 42 anni e 10 mesi di contributi, potrebbe essere superata, permettendo una maggiore flessibilità.

Quota 103 e opzione donna: il futuro incerto

Due misure pensionistiche, Quota 103 e Opzione Donna, sono in bilico. Quota 103, che consente di andare in pensione a 62 anni con 41 anni di contributi, potrebbe scadere alla fine dell’anno senza essere rinnovata, lasciando incertezza sul futuro di questa opzione. Anche Opzione Donna ha subito restrizioni: è ora limitata a donne con specifiche condizioni, come l’assistenza a familiari disabili o il lavoro in aziende in crisi. Anche qui, il ricalcolo contributivo riduce significativamente l’importo della pensione, rendendo meno appetibile questa opzione.

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Rivalutazioni pensionistiche: inflazione e previsioni per il 2025

Infine, l’inflazione avrà un ruolo decisivo nel determinare le rivalutazioni pensionistiche. Dopo un aumento del 5,4% per il 2024, le previsioni per il 2025 indicano un rialzo molto più contenuto, appena superiore all’1%. L’indice dei prezzi al consumo, che guida il calcolo delle rivalutazioni, ha registrato una crescita annua dell’1,1% a luglio, il che lascia presagire aumenti limitati per il prossimo anno. I dati definitivi verranno forniti dall’Istat a ottobre e solo allora sarà possibile capire quanto aumenteranno effettivamente le pensioni a partire dal gennaio 2025.

Anche il tema del conguaglio sarà determinato a inizio anno, quando si avrà un quadro più chiaro sull’andamento dei prezzi. La Manovra 2025 sarà un banco di prova decisivo per il governo Meloni, costretto a trovare un equilibrio tra esigenze sociali, vincoli fiscali e le aspettative dell’elettorato. Sanità e pensioni sono due settori chiave che richiedono investimenti importanti, ma la strada è stretta e le risorse limitate. Nei prossimi mesi, le scelte del governo su questi temi potrebbero avere un impatto duraturo sul futuro economico e sociale del Paese.

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