“Viviamo la Terza guerra mondiale”

19 agosto 2014

“Oggi siamo in guerra dappertutto. Qualcuno mi ha detto: “Viviamo la Terza guerra mondiale ma a pezzi”. Papa Francesco è preoccupato per la perdita della coscienza del male che sembra emergere dall’indifferenza con la quale si assiste agli abominii che sempre accompagnano i conflitti. “Il mondo – rileva con tristezza – è in guerra e si fanno queste crudeltà. Oggi i bambini non contano. Una volta si parlava di una guerra convenzionale. Ma oggi una bomba ammazza l’innocente col colpevole, colpisce il bambino con la mamma invece degli obiettivi militari”. I giornalisti che viaggiano con lui da Seul a Roma, il Papa suggerisce di “fermarsi e pensare al livello di crudeltà al quale siamo arrivati”. “Si può fare – spiega – uno studio empirico e il risultato è da spaventare un po’”.

Pensiamo, esorta, alla tortura: oggi è uno dei mezzi quasi ordinari nei conflitti, utilizzata anche dai servizi di intelligence e nei processi giudiziari. Eppure è un peccato contro umanità, oltre che un delitto. Per i cattolici è un peccato grave, mortale. Ma è di più: un atto contro l’umanità”. “Nei vostri media – conclude Francesco rivolto ai vaticanisti – mi piacerebbe che faceste riflettere su questi temi: come vedete il livello di crudeltà e come vedete la tortura. Ci farebbe bene a tutti”. “Pronto ad andare in Kurdistan”. “Santo Padre, se fosse necessario, lei sarebbe disponibile ad andare in Iraq?”, domanda un giornalista francese a Jorge Mario Bergoglio. “Sì, sono disponibile”, risponde subito il Papa che coglie l’occasione per ricostruire, davanti ai media di tutto il mondo, l’azione messa in campo finora dalla Santa Sede per soccorrere le popolazioni vessate e messe in fuga dall’Isis.

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“Quando con i miei collaboratori abbiamo saputo quello che stava accadendo, con le minoranze religiose scacciate e il problema del Kurdistan che non poteva ricevere tanta gente, abbiamo pensato – racconta il Pontefice – a tante cose. Tra queste – elenca – prima di tutto abbiamo fatto una dichiarazione: l’ha diffusa padre Lombardi a nome mio. Poi abbiamo inviato questo testo ai nunzi apostolici perche’ la facessero avere ai governi. Quindi abbiamo scritto la lettera al segretario Generale dell’Onu. Alla fine abbiamo deciso di mandare un inviato personale, il cardinale Filoni, e se fosse necessario, quando torniamo dalla Corea, andare li’. Mi hanno detto che in questo momento però non è la cosa migliore da fare, ma – conclude – io sono disposto a questo”.

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