Coronavirus, Tar annulla ordinanza regione Calabria su riaperture

Coronavirus, Tar annulla ordinanza regione Calabria su riaperture
Jole Santelli
9 maggio 2020

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabra ha annullato in parte l’ordinanza della presidente della Regione Calabria Jole Santelli sulla fase 2 dell’epidemia coronavirus. Il Tar, dopo aver sciolto positivamente il nodo della sua competenza, ha accolto il ricorso della presidenza del consiglio e annullato l`ordinanza del Presidente della Regione Calabria del 29 aprile 2020, numero 37, “nella parte in cui, al suo punto 6, dispone che, a partire dalla data di adozione dell`ordinanza medesima, sul territorio della Regione Calabria, è ‘consentita la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all`aperto'”. La regione quindi non può stabilire criteri più ampi per la riapertura rispetto a quelli fissati dal Dpcm sulla fase 2 del 26 aprile 2020.

Infatti, i giudici sottolineano che “la presidenza del Consiglio dei ministri costituisce il fulcro del necessario coordinamento dell`attività amministrativa posta in essere dallo Stato e dalle Autonomie di cui la Repubblica si compone”. O “in altri termini, in capo ad essa si sintetizzano i vari interessi alla cura dei quali le amministrazioni pubbliche, statali, regionali e locali, sono preposte. Alla Presidenza del consiglio dei ministri è attribuito il compito di assicurare l`esercizio coerente e coordinato dei poteri amministrativi; cosicché è logica conseguenza ritenere che ad essa sia assegnato dall`ordinamento anche il potere di agire giudizialmente, in alternativa all`esercizio delle funzioni di controllo e sostitutive previsti dalla Costituzione, laddove l`esercizio dei poteri amministrativi avvenga in maniera disarmonica o addirittura antitetica”.

E – argomentano i giudici – “ciò posto, il fatto che la legge abbia attribuito al Presidente del Consiglio dei ministri il potere di individuare in concreto le misure necessarie ad affrontare un`emergenza sanitaria trova giustificazione nell`articolo 118, comma 1 Costituzione: il principio di sussidiarietà impone che, trattandosi di emergenza a carattere internazionale, l`individuazione delle misure precauzionali sia operata al livello amministrativo unitario”. I giudici hanno ritenuto sul punto illeggittima l’ordinanza della Calabria per tutti e tre i motivi di ricorso. “Giunti a questo punto, emerge chiaramente – evidenziano i giudici – l`illegittimità dell`ordinanza del Presidente della Regione Calabria denunciata con il primo motivo di ricorso. Spetta infatti al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID-19, mentre alle Regioni è dato intervenire solo nei limiti delineati dall`articolo 3, comma 1 decreto legge numero 19 del 2020, che però nel caso di specie è indiscusso che non risultino integrati”.

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Le Regioni secondo il decreto legge del 25 marzo possono infatti intervenire solo in senso restrittivo sulle riaperture, come stabilisce l’articolo 3, primo comma: “Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale”.

Riguardo all’accoglimento del secondo motivo di ricorso il giudici amministrativi spiegano: “L`ordinanza regionale motiva la nuova deroga alla sospensione dell`attività di ristorazione, mediante l`autorizzazione al servizio al tavolo, con il mero riferimento del rilevato valore di replicazione del virus Covid-19, che sarebbe stato misurato in un livello tale da indicare una regressione dell`epidemia.È però ormai fatto notorio che il rischio epidemiologico non dipende soltanto dal valore attuale di replicazione del virus in un territorio circoscritto quale quello della Regione Calabria, ma anche da altri elementi, quali l`efficienza e capacità di risposta del sistema sanitario regionale, nonché l`incidenza che sulla diffusione del virus producono le misure di contenimento via via adottate o revocate (si pensi, in proposito, alla diminuzione delle limitazioni alla circolazione extraregionale)”.

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“Non a caso – ricordano i giudici – le restrizioni dovute alla necessità di contenere l`epidemia sono state adottate, e vengono in questa seconda fase rimosse, gradualmente, in modo che si possa misurare, di volta in volta, la curvatura assunta dall`epidemia in conseguenza delle variazioni nella misura delle interazioni sociali”. E “un tale modus operandi appare senza dubbio coerente con il principio di precauzione, che deve guidare l`operato dei poteri pubblici in un contesto di emergenza sanitaria quale quello in atto, dovuta alla circolazione di un virus, sul cui comportamento non esistono certezze nella stessa comunità scientifica”.

“Si badi – avvertono i giudici ricordando sia la giurisprudenza amministrativa del consiglio di Stato che quella di legittimità della Corte costituzionale – che detto principio, per cui ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, deve necessariamente presidiare un ambito così delicato per la salute di ogni cittadino come è quello della prevenzione”.
Quindi “è chiaro che, in un simile contesto, ogni iniziativa volta a modificare le misure di contrasto all`epidemia non possono che essere frutto di un`istruttoria articolata, che nel caso di specie non sussiste”.

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Per il Tar Calabria infine anche il terzo motivo di ricorso della presidenza del consiglio contro l’ordinanza di Santelli è valido: “La violazione del principio di leale collaborazione – ricordano i giudici citando la giurisprudenza del Consiglio di Stato – costituisce elemento sintomatico del vizio dell`eccesso di potere”. E “nel caso di specie, non risulta che l`emanazione dell`ordinanza oggetto di impugnativa sia stata preceduta da qualsivoglia forma di intesa, consultazione o anche solo informazione nei confronti del governo. Anzi, il contrasto nei contenuti tra l`ordinanza regionale e il Dpcm 26 aprile 2020 denota un evidente difetto di coordinamento tra i due diversi livelli amministrativi, e dunque la violazione da parte della Regione Calabria del dovere di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica, principio fondamentale nell`assetto di competenze del titolo V della Costituzione”.

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