Il piano di rilancio Ue, ecco come funziona “Next Generatione EU” postCovid

Il piano di rilancio Ue, ecco come funziona “Next Generatione EU” postCovid
31 maggio 2020

Oltre 3.000 pagine di documenti e proposte legislative e finanziarie, per un totale di 1.850 miliardi di euro da erogare con il prossimo periodo di programmazione del Quadro finanziario pluriennale comunitario 2021-2027 (Qfp), di cui 1.100 miliardi per il bilancio Ue ‘normale’, e 750 miliardi raccolti sul mercato con euro obbligazioni, che finanzieranno 500 miliardi di sovvenzioni e 250 di possibili prestiti agli Stati membri. Bisogna cominciare da queste cifre per capire l’entità e la portata del piano di rilancio economico dopo la crisi del Coronavirus, che la Commissione europea ha varato con la sua proposta del 27 maggio e precisato meglio nei dettagli nei giorni successivi, anche se il quadro è ancora incompleto.

Inoltre, l’Esecutivo comunitario ha proposto anche una ‘soluzione ponte’ per cominciare già nel 2020 a sostenere gli Stati membri e le imprese, con una revisione del bilancio in corso che prevede lo stanziamento di 11,5 miliardi di euro aggiuntivi. ‘Next Generation EU’ Nel pacchetto di proposte della Commissione, il piano di rilancio dell’economia da 750 miliardi di euro, chiamato ‘Next Generation EU’, consiste sostanzialmente in un bilancio complementare che va ad aggiungersi al bilancio comunitario 2021-2027 da 1.100 miliardi, con due caratteristiche specifiche. La prima è la sua fonte di finanziamento, che provenendo dall’emissione di titoli di debito sui mercati finanziari è esterna (in inglese ‘externally assigned revenue’) rispetto alle normali fonti (le ‘risorse proprie’) del bilancio. La seconda è la durata temporanea dello strumento, un ‘veicolo finanziario’ che concentrerà le erogazioni dei fondi ai beneficiari nei primi anni (‘front loading’) del periodo di programmazione, e si esaurirà entro il 2024.

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I tre pilastri del piano di rilancio ‘Next Generation EU’ contiene tre ‘pilastri’: il primo riguarda il sostegno diretto agli Stati membri, e contiene quattro diversi fondi: 1) il Fondo di rilancio vero e proprio, chiamato ‘Recovery and Resilience Facility’, da 310 miliardi di euro in sovvenzioni, più la possibilità di fornire prestiti fino a 250 miliardi; 2) i fondi di coesione aggiuntivi di ‘React-EU’, da 50 miliardi; 3) 15 miliardi aggiuntivi di fondi per lo ‘Sviluppo rurale’ della Poitica agricola comune (Pac); 4) 30 miliardi aggiuntivi per il ‘Just Transition Fund’, il fondo che assisterà nella transizione ecologica delle aree economiche fortemente dipendenti dal carbone, che in totale ora disporrà di 40 miliardi.

Il secondo pilastro è diretto al sostegno alle imprese, con il forte coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti (Bei) attraverso la concessione di garanzie di prestiti con il rafforzamento del programma InvestEU (il successore del Piano Juncker), la nuova ‘Strategic Investment Facility’ per le filiere strategiche per l’autonomia dell’Ue, la catena del valore e la sicurezza degli approvvigionamenti vitali. Inoltre, il nuovo ‘Solvency Support Instrument’ fornirà garanzie, attraverso gli intermediari, per la ricapitalizzazione delle imprese che sarebbero rimaste sane e vitali se non ci fosse stata la pandemia.

Il terzo pilastro riguarda ‘le lezioni apprese’ dalla crisi del Covid-19 e le sfide strategiche per l’Ue, e contiene il nuovo piano ‘EU4Health’ con cui si aggiungono 7,7 miliardi di euro al magro bilancio precedentemente previsto per il programma Ue per la salute, un rafforzamento da 2 miliardi di euro del programma ‘rescEU’ del Meccanismo di Protezione civile dell’Unione, più un cospicuo finanziamento aggiuntivo da 13,5 miliardi al programma comunitario per la Ricerca e sviluppo ‘Horizon Europe’ (che arriverà così in totale a 94,4 miliardi). Infine, è previsto un rafforzamento da 10,5 miliardi dell’azione esterna (politica di vicinato, cooperazione e sviluppo e aiuto umanitario).

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LE SOVVENZIONI

I fondi del Piano di rilancio saranno erogati per due terzi (500 miliardi, a prezzi costanti del 2018) sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto (‘grant’) e per un terzo (250 miliardi, sempre a prezzi costanti del 2018) saranno disponibili come prestiti agevolati. La cifra di 500 miliardi in sovvenzioni coincide con quella che era stata chiesta dal piano franco-tedesco del 18 maggio, a cui chiaramente la proposta della Commissione si ispira, almeno in parte. Dove andranno le sovvenzioni Bisogna però fare una distinzione: dei 500 miliardi di sovvenzioni, 405 saranno assegnati direttamente agli Stati membri, attraverso quattro diversi programmi (‘Recovery and Resilience Facility’, 310 miliardi, ‘ReactEU’ 50 miliardi, ‘Just Transition Fund’, 30 miliardi, ‘Sviluppo rurale’, 15 miliardi), secondo una chiave di ripartizione che prende in conto i danni economici e sociali subiti da ogni paese a causa della pandemia e del lockdown.

Gli altri 95 miliardi andranno a finanziare interventi per i quali non è possibile una pre-allocazione per paese: circa 40 miliardi con i finanziamenti di ‘Horizon Europe’ (il programma comunitario per la Ricerca, 13,5 miliardi aggiuntivi) il nuovo programma per la salute ‘EU4Health’ (7,7 miliardi), il rafforzamento del Fondo di emergenza ‘rescEU’ (2 miliardi aggiuntivi) per le catastrofi naturali, comprese le epidemie, e l’azione esterna (15,5 miliardi); gli altri 60 miliardi circa saranno impiegati nelle garanzie per i prestiti alle imprese dei programmi ‘InvestEU’ e ‘Strategic Investment Facility’, o per sostenere le ricapitalizzazioni delle aziende sane, ma cadute in crisi a causa del Covid-19, con il ‘Solvency Support Instrument’.

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I PRESTITI

Oltre alle sovvenzioni, gli Stati membri avranno a disposizione una riserva di prestiti fino a 250 miliardi di euro a cui potranno attingere, se ne avranno bisogno per finanziare i loro investimenti e le loro riforme. I prestiti saranno erogati, su richiesta, a condizioni molto favorevoli (stesse cedole, stessa scadenza e stesso importo nominale dell’emissione di bond originale da parte della Commissione), beneficiando del rating tripla A. Gli Stati membri potranno chiederli, se non basteranno le sovvenzioni e se lo considerano utile (perché non sarebbero in grado di spuntare le stesse condizioni sul mercato) fino a un massimo corrispondente al 4,7% del loro Reddito nazionale lordo. askanews

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