Israele si blinda: stato d’emergenza e spazio aereo chiuso. Allarme per un attacco imminente dall’Iran
Gerusalemme teme una rappresaglia immediata. Zamir: “Non posso promettere il successo”. Diplomazie al lavoro, ma la crisi si aggrava. Tajani: “Situazione complicata”
Il silenzio che si avverte in queste ore sopra Israele è quello d’attesa. Ma non è quiete. È tensione allo stato puro. Alle 10 di questa mattina, il governo israeliano ha proclamato lo stato d’emergenza nazionale, chiudendo contestualmente lo spazio aereo su tutto il territorio. La decisione è arrivata a seguito di una valutazione d’intelligence che parla chiaro: l’Iran potrebbe sferrare un attacco di rappresaglia “nell’immediato futuro”.
Il quadro è grave e lo ammette apertamente anche il Capo di Stato Maggiore, Eyal Zamir, che in una comunicazione straordinaria alla nazione non ha usato giri di parole: “Cittadini d’Israele, non posso promettere un successo assoluto. Il regime iraniano tenterà di colpirci per rappresaglia e il bilancio previsto sarà diverso da quello a cui siamo abituati”. Poi, l’affondo: “Siamo impegnati in una campagna storica e senza precedenti”. Una frase pesante, che fotografa una situazione in rapido deterioramento.
Il nodo nucleare: le parole di Trump accendono la miccia
Il dramma che si consuma in queste ore affonda le radici in una lunga e tormentata storia di ostilità tra Teheran e Gerusalemme. Ma l’accelerazione – quella vera – è arrivata nelle ultime 48 ore, dopo che Donald Trump, in un’intervista televisiva, ha apertamente parlato della possibilità che Israele colpisca i siti nucleari iraniani. Un avvertimento? Un segnale? Forse entrambe le cose. Subito dopo, l’ex presidente ha cercato di attenuare i toni: “Resto impegnato a risolvere diplomaticamente la questione nucleare iraniana” – ha detto – “e invito Israele alla prudenza”. Ma l’effetto è stato tutt’altro che distensivo.
Washington prende le distanze, ma sapeva
A far chiarezza – almeno in parte – ci ha pensato il Segretario di Stato americano, Marco Rubio, secondo cui Israele avrebbe informato gli Stati Uniti della propria intenzione di agire: “Un attacco contro l’Iran era ritenuto necessario per la difesa nazionale”, ha riferito.
Rubio ha poi precisato che Washington non è coinvolta direttamente nell’operazione, e che la priorità americana in questo momento è proteggere le proprie forze presenti nella regione. Ma nel frattempo, Trump ha dichiarato a Fox News di essere stato avvisato in anticipo.
Un dettaglio che pesa, soprattutto ora che la Casa Bianca ha convocato d’urgenza il Consiglio di Sicurezza Nazionale, segnale inequivocabile del livello di preoccupazione negli ambienti di governo statunitensi.
Diplomazia in affanno: Tajani convoca ambasciatori alla Farnesina
In questo contesto ad altissima tensione, anche l’Italia prova a giocare la carta del dialogo. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha riunito i vertici della Farnesina insieme agli ambasciatori di Iran, Israele e altri Paesi dell’area.
“La situazione è sotto controllo per i nostri connazionali”, ha assicurato il ministro ai microfoni Rai. Ma ha anche aggiunto, con realismo: “Mi auguro che gli Stati Uniti – che hanno un ruolo centrale in questa fase – possano agire per riportare le parti al tavolo negoziale. Noi faremo tutto il possibile per evitare un nuovo conflitto. Ma la situazione è davvero complicata”. Un appello, il suo, che suona come un invito disperato a fermare l’escalation prima che sia troppo tardi.
Ore decisive per il Medio Oriente
Il Medio Oriente si trova ancora una volta sospeso su un filo sottilissimo. Israele si prepara alla difesa, l’Iran tace ma osserva, mentre le grandi potenze si muovono febbrilmente nel tentativo di disinnescare una crisi che potrebbe deflagrare da un momento all’altro.
Nessuno, oggi, può dire con certezza cosa accadrà nelle prossime ore. Ma un dato è chiaro: il mondo ha gli occhi puntati su quella parte di deserto dove, da sempre, pace e guerra si rincorrono senza mai raggiungersi davvero. E se la diplomazia dovesse fallire, il rischio è quello di assistere a una nuova e devastante fiammata in una regione che di conflitti non ha mai smesso di bruciare.