Meloni: avanti su riforma fisco, governo amico delle imprese

Meloni: avanti su riforma fisco, governo amico delle imprese
29 dicembre 2022

Avanti con la riforma del fisco, senza toccare la casa, e un nuovo sistema di politiche attive del lavoro superando il reddito di cittadinanza, perché per creare occupazione bisogna favorire chi crea ricchezza. Giorgia Meloni affronta la sua prima conferenza stampa di fine anno da presidente del Consiglio (3 ore per 43 domande) tratteggiando il programma economico per il 2023 proprio mentre il Senato dà il via libera definitivo alla manovra. Una legge di bilancio, rivendica, “politica, scritta in tempi rapidi” in cui “pur riuscendo a investire la gran parte delle risorse sulla priorità delle bollette siamo riusciti a iniziare a mantenere gli impegni presi”. Il tutto, assicura, senza tensioni nella maggioranza: “La volontà è di lavorare, lavorare bene, mantenere le scadenze e alla fine ci siamo riusciti. Io trovo un clima assolutamente positivo”. Per il futuro, l’impegno è continuare a sostenere imprese e famiglie, senza escludere uno scostamento di bilancio, che però “non è una cosa che farei a cuor leggero”. La premier difende la finanziaria dagli attacchi delle opposizioni. In particolare, assicura, non ci sono condoni ma “misure di buon senso” e non viene favorita l’evasione, ad esempio con l’aumento del tetto al contante, che è “inutile” e “penalizzante” per l’economia.

La presidente del Consiglio, sollecitata dalle domande dei giornalisti, espone poi gli obiettivi per il 2023 in materia economica. Sulla riforma fiscale “intendiamo andare avanti” con due “direttrici”: il taglio del costo del lavoro, “su cui si deve fare molto di più” e un sistema “che tenga conto della composizione del nucleo familiare e quindi dei figli a carico”. Non si procederà, però, sulla riforma del catasto, su cui il governo di Mario Draghi aveva avviato il lavoro. Al limite sarà fatta una “mappatura” ma partendo dal principio che la prima casa è “non tassabile e non pignorabile”. Altro tema fondamentale sarà quello del lavoro, con la riforma delle politiche attive per l’occupazione. Con la manovra è stato deciso che chi percepisce il reddito di cittadinanza (tra i 18 e i 59 anni senza figli a carico) ne avrà diritto per sette mesi. Il tempo che l’esecutivo si è dato per rivedere il sistema, utilizzando le risorse europee per sviluppare la formazione: “Abbiamo 8 miliardi non utilizzati per la vecchia programmazione, 13 miliardi della nuova e il Pnrr prevede risorse” ha spiegato, precisando che il principio è che “se non accetto un lavoro dignitoso e tutelato sono libero di farlo e stare a casa, ma non posso farmi mantenere da chi paga le tasse”.

La verità però, secondo Meloni, è che per far crescere l’occupazione deve crescere l’economia e questa è la stella polare del governo. “Io credo – ha detto – che la condizione per migliorare la qualità del lavoro riguardi soprattutto il tema della crescita economica: mettere le persone in condizione di assumere, cosa che avviene quando l’economia è libera di operare e quando ci si trova di fronte a un governo e a una politica che fanno del loro meglio per favorire chi crea ricchezza e lavoro”. E al di là delle critiche del presidente di Confindustria Carlo Bonomi, le imprese sanno e devono sapere che “questo è un governo amico di chi produce, amico delle aziende, che fa del suo meglio per dare una mano”. A livello europeo, una partita fondamentale nei prossimi mesi sarà la riforma del Patto di stabilità e crescita. “In passato – ha ribadito – il Patto è stato concentrato moltissimo sulla stabilità e poco sulla crescita, la priorità era il controllo della spesa mentre l’unico modo per garantire la stabilità e la sostenibilità del debito è la crescita. Credo che debba essere più concentrato sul tema della crescita”. Per questo, ha annunciato, l’Italia proporrà, tra le altre cose, lo “scorporo delle spese di investimento” perché “non si può mettere sullo stesso piano spesa corrente e investimenti”. Non manca una critica alla Bce che, dovrebbe “evitare scelte peggiorative” e soprattutto dovrebbe “gestire bene la comunicazione sulle scelte che si fanno”.

Sul Mes la linea è quella spiegata appena pochi giorni fa in tv, a Porta a porta: no all’utilizzo del Fondo salva-Stati “finché io conto qualcosa” mentre sulla ratifica non si esprime (consapevole dei problemi con la Lega). “Ci confronteremo con il Parlamento” ma “vorrei confrontarmi con il direttore del Mes per capire se ci sono i margini per lavorare su qualcosa di diverso”. Per quanto riguarda il Pnrr, Meloni si è detta “contenta” che il governo sia riuscito a raggiungere tutti i 55 obiettivi previsti per richiedere la tranche di 19 miliardi del Pnrr ma “ora arriva la parte difficile del piano perché il grosso fatto finora era programmazione e riforme, la parte su carta, mentre ore c’è la parte complessa in cui questi obiettivi devono diventare cantieri”. “Mi piacerebbe – è la conclusione – lasciare una nazione orgogliosa, ottimista, tutte cose che ci mancano. A noi manca l’orgoglio, e quando si va all’estero ci si rende conto di quanto ci sia grandissima voglia di Italia, di quanto siamo stimati e ben visti, di come tutti chiedano una nostra presenza: dove non ci siamo ci chiedono di rafforzare la cooperazione, le nostre aziende sono ben viste. L’unico posto in cui non c’è stima dell’Italia, spesso, è tragicamente nei nostri confini. Bisogna avere consapevolezza di quanto valiamo agli occhi del mondo”.

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