Perché Berlusconi ha scelto Marchini

Perché Berlusconi ha scelto Marchini
29 aprile 2016

di Barbara Acquaviti

Quando i big azzurri varcano la soglia di palazzo Grazioli è già tutto fatto, tutto deciso. In quelle stesse stanze, poco prima, una stretta di mano tra Silvio Berlusconi e Alfio Marchini sanciva l’intesa che all’atto pratico porta Forza Italia a mollare Guido Bertolaso e ad appoggiare la corsa dell’imprenditore a sindaco di Roma. Ma ancora di più, sul piano politico, riavvicina l’ex premier al centro moderato e lo allontana dall’asse lepenista di Giorgia Meloni e Matteo Salvini. Sin dall’inizio di questa storia, d’altra parte, dietro la corsa al Campidoglio si è sempre nascosta la contesa per la leadership del centrodestra. Il Cavaliere si è sentito insidiato dai “ragazzotti”, per questo all’inizio ha insistito sull’ex capo della Protezione civile. Ma quei sondaggi così poco confortanti lasciavano poche speranze di rivalsa. Ed ecco la decisione di cambiare cavallo, supportata da metà degli azzurri ma soprattutto dal ‘partito-azienda’, che ha sempre mal visto lo slittamento a destra dell’alleanza. E poi, c’è stata quella classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, l’affondo di Salvini dritto al cuore degli interessi (e dunque della famiglia). Quella frasi sul Berlusconi “preoccupato di lasciare ai figli aziende sane e rigogliose” non è andata giù né al Cavaliere, né ai suoi figli e manager. Quando mercoledì sera Guido Bertolaso ha incontrato l’ex premier a palazzo Grazioli, il quadro era già mutato. Le gaffe del candidato, quel suo dirsi disponibile a fare da assessore per una Giunta Giachetti o Raggi, non avevano fatto altro che consolidare la svolta. I segnali c’erano da giorni: prima di tutto la lettera scritta da Berlusconi al ‘Giornale’ che ricollocava prepotentemente Forza Italia tra i moderati, poi l’intervista in cui Pier Ferdinando Casini lo invitava a riunire il centro. Una decisione che non trova tutti d’accordo nel partito. Anche se, alla fine, l’unico a palesare un certo malumore durante il pranzo a palazzo Grazioli è stato Giovanni Toti, tra i maggiori fautori di una convergenza sulla candidatura di Giorgia Meloni in nome dell’unità del centrodestra. “C’è un problema strategico – avrebbe detto – perché l’alleanza rischia di essere compromessa e invece ci permette di governare, come accade in Liguria. Ora bisogna affrontare il dopo”. Una linea sulla quale non lo ha seguito, però, Paolo Romani che pure lo aveva spalleggiato fino al giorno prima. “Presidente – è stato l’esordio del capogruppo al Senato durante la riunione – hai fatto la migliore scelta possibile”. E anche Altero Matteoli, pure lui favorevole a un accordo con Lega e Fdi, avrebbe ammesso che “di fronte a quegli attacchi alla tua famiglia, ormai non potevi fare diversamente. Ora però dobbiamo ricostruire Forza Italia”, avrebbe aggiunto. Berlusconi avrebbe riferito di essere rimasto sveglio fino alle 4 di notte per chiudere l’intesa. “Marchini – ha detto – era la nostra prima scelta dall’inizio, è una persona perbene, ha appeal e feeling con la città. Bertolaso è stato generoso ma anche poco cauto in certe uscite”. Se scontenti ci sono in Forza Italia, insomma, in questo frangente stanno facendo buon viso a cattivo gioco. Anche perché l’ex premier avrebbe definito il caso romano come una sorta di “incidente di percorso”. Adesso, però, bisogna decidere se Forza Italia si presenterà o meno con il proprio simbolo a Roma visto che Marchini ha fatto dello slogan “liberi dai partiti” un pilastro della sua candidatura. L’ipotesi è infatti quella di una lista unica, anche se non è caldeggiata dai vertici locali. Altra ipotesi è quella di candidare Alessandra Mussolini capolista.

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