Pd alle comiche finali, Renzi apre congresso. La minoranza accusa: “Sceglie scissione”

Pd alle comiche finali, Renzi apre congresso. La minoranza accusa: “Sceglie scissione”
20 febbraio 2017

Dopo un’assemblea conclusa con toni concilianti, il braccio di ferro tra minoranza e maggioranza Pd torna a farsi duro. Ma ci sono ancora 48 ore per trovare un’intesa e i mediatori sono al lavoro. Dopo quasi sette ore di dibattito dell’assemblea nazionale, era stato Michele Emiliano a riaprire la partita, mettendo sul piatto la proposta di un accordo che, a suo dire, sarebbe a “un passo”. Il presidente della Puglia chiede la conferenza programmatica prima delle amministrative e le primarie dopo le elezioni, dal fronte renziano pare di capire che solo la prima richiesta verrà accolta. Per Renzi il congresso deve concludersi entro fine aprile, con la proclamazione del nuovo segretario ai primi di maggio e, poi, l’avvio della campagna elettorale per i Comuni. Nel suo intervento arrivato intorno alle 17 a sorpresa (l’accordo nella minoranza era che parlasse solo Epifani per tutti), il governatore della Puglia aveva detto che una soluzione per evitare la rottura del Pd è “a un passo” e che si possono trovare i “tempi giusti” per fare un congresso che consenta a tutti di “sentirsi dentro” togliendo “ogni alibi al processo di scissione”.

RICATTO Una mano tesa al segretario, dopo le reazioni invece durissime che erano arrivate dagli altri componenti della minoranza alla relazione di Renzi. Nella sua relazione l’ex premier aveva assicurato che per “due mesi” ha cercato di “accogliere le proposte degli altri per cercare di andare insieme”, ma “peggio della parola scissione c’è solo la parola ricatto”. E se la richiesta è quella di non candidarsi, la risposta è che “non potete chiedere a chi si dimette di non candidarsi perchè è l’unico strumento con cui si evita la scissione. Non è una regola del gioco democratico. Avete il diritto di sconfiggerci, non avete il diritto di eliminarci”. Sostenuto, in una sapiente regia della giornata, da interventi pesanti come quelli del mediatore Dario Franceschini, ma anche degli ex Ds Piero Fassino, Teresa Bellanova, Andrea Orlando e soprattutto Walter Veltroni, tornato a parlare in un organo di partito dopo anni. Interventi dai toni diversi, ma tutti critici nei confronti della scissione. Da Veltroni, in particolare, è arrivato l’appello alla minoranza “perchè non si separi la loro strada dalla strada di tutti noi. Delle loro idee, del loro punto di vista, il Pd ha bisogno”.

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IL MURO Per Bersani il segretario “ha alzato un muro, avanti così il Pd va a sbattere. Io ho sempre detto che da casa mia non mi butta fuori nessuno, ma se mi accorgo che non è casa mia, non è il Pd, ma il partito di Renzi, di uno, non saprei come fare”. Ancora più netto il presidente della Toscana Enrico Rossi, che nel primo pomeriggio affermava ch “per noi la strada è un’altra. Sono maturi i tempi per formare una nuova area”. Salvo poi a fine lavori fare marcia indietro dicendo: “Se ci saranno le condizioni per candidarsi al prossimo congresso del Pd, lo farò”. A fine assemblea, comunque, il “borsino” del Pd dava le probabilità della scissione in calo. Ma la nuova svolta arriva a mezzo stampa. Con una nota unitaria Emiliano, Rossi e Speranza attaccano l’ormai ex segretario: “Anche oggi nei nostri interventi in assemblea c’è stato un ennesimo generoso tentativo unitario. È purtroppo caduto nel nulla. Abbiamo atteso invano un’assunzione delle questioni politiche che erano state poste, non solo da noi, ma anche in altri interventi di esponenti della maggioranza del partito. La replica finale non è neanche stata fatta. È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima”.

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BERSANI-D’ALEMA Il vice segretario Lorenzo Guerini si dice “esterreffato ed amareggiato” perché “chiunque abbia seguito il dibattito della assemblea nazionale si è potuto rendere conto che esso andava in tutt’altra direzione, intervento dopo intervento. Segno che questa presa di posizione, del tutto ingiustificata alla luce del confronto odierno nel Pd, era evidentemente una decisione già presa”. Toni che allontanano una volta di più le parti, ma che ancora non segnano la parola fine al tentativo di tenere unito il partito. Da parte della maggioranza, spiega una fonte renziana, c’è ancora “disponibilità piena a fare la conferenza programmatica, mentre sui tempi siamo distanti”. “Il congresso si concluderà prima delle amministrative”, ribadisce la vice segretaria Debora Serracchiani. “Renzi può arrivare al massimo a fare le primarie il 7 maggio, più in là non si può andare”, spiega un parlamentare renziano. Bisogna vedere se per il candidato-governatore sarà sufficiente. “Martedì daremo vita alla commissione congresso, in direzione, – conclude un renziano – e vedremo chi accetta di entrare e chi no”. L’idea è che alla fine Emiliano possa scegliere di essere della partita, mossa che porterebbe anche Rossi a una riflessione. Un esito che certo non piacerebbe ai bersaniani e a Massimo D’Alema. Ma si vedrà nelle prossime ore.

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