Napolitano prende le distanze da Renzi: “Non ritengo un obiettivo il taglio dei parlamentari”

Napolitano prende le distanze da Renzi: “Non ritengo un obiettivo il taglio dei parlamentari”
21 novembre 2016

“Vi trasmetto il mio messaggio: in serena coscienza ed in coerenza con le mie posizioni voterò sì” al referendum. Un endorsement atteso quello del presidente emerito Giorgio Napolitano che si è molto speso in questi anni a favore di una riforma costituzionale. Ospite della trasmissione ‘Porta a Porta’, per il senatore a vita il Sì è per ragioni di merito, che poco o niente hanno a che fare con Matteo Renzi e con un dibattito capace di trasformare il referendum in “una sfida largamente aberrante”. Napolitano ci tiene a metterlo bene in chiaro. Innanzitutto quando rivendica il lavoro fatto durante i suoi due mandati al Colle più alto delle istituzioni. “Mi sono speso moltissimo su queste tematiche nel rispetto delle mie prerogative e nell’interesse generale del Paese. In coerenza con tutte le posizioni che ho preso, voterò Sì per l’approvazione della riforma”. Poi, quando definisce “aberrante” la sfida così come è stata impostate dal fronte del Sì e da quello del No. E ancora quando – sottolinea – che il suo Sì è per vedere compiuto un sistema più agile, con un Senato rinnovato, non perché si riducono i parlamentari, ma perché vengono rappresentate finalmente le realtà locali. “Non ritengo che uno degli obiettivi della riforma debba essere tagliare il numero dei parlamentari, ma avere un sistema più snello e un Senato rappresentativo delle realtà territoriali”, sono state le parole del presidente emerito. Una presa di distanza dallo stesso Renzi, che anche oggi ha sottolineato, durante l’ormai consueto faccia a faccia con i suoi follower di Facebook e Twitter: “Quelli che non vogliono l’immunità devono sapere che, se vince il No, l’immunità è valida per 950 parlamentari. Se vince il Sì, l’immunità rimane solo per 730 parlamentari”.

Parole, quelle del presidente Napolitano, che respingono implicitamente anche le critiche di chi, attaccando la sua campagna per il Sì, getta una luce critica sul suo operato da presidente della Repubblica. Insomma, non si tratta di una campagna politica a favore di Renzi, ma la diretta conseguenza dell’impegno per le riforme delle istituzioni messo in campo durante il suo mandato e per il quale ha accettato di prolungare, su richiesta delle Camere, la sua permanenza al Quirinale. La parte “aberrante” della sfida riguarda però anche la persona del presidente del Consiglio. Le ipotesi sul dopo Renzi monopolizzano il dibattito pubblico già oggi, a due settimane dal voto. Per Napolitano, però, non è questo il tema. “Non si vota pro o contro questo governo. Si vota quello che è scritto nella legge. L’occasione per giudicare Renzi ci sarà con le prossime elezioni che, al momento, si terranno nel 2018”. Così come non è tema referendario la eventuale reazione dei mercati a una vittoria del No: “I rischi di crisi finanziaria ci sono sempre e, in questa fase, possono anche accrescersi per conseguenza di eventi internazionali che conosciamo”, risponde Napolitano quando gli viene chiesto di commentare l’analisi del Financial Times che dà per scontato l’addio dell’Italia all’euro in caso di vittoria del No. Quindi, “comunque vada il referendum”, aggiunge, “dobbiamo stare molto attenti, non vorremmo vedere il famoso spread che cresce”. Un ricordo vivo, in Napolitano, che si trovò a fronteggiare, dal Colle, una crisi istituzionale, nel 2011, generata proprio dallo spread italiano schizzato alle stelle.

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L’opposizione dà fiato al coro. “Di aberrante c’è soltanto la sua vita politica. Napolitano è il massimo responsabile dei disastri dell’Italia – tuona Alessandro Di Battista -. E’ stato schiavo dell’imperialismo sovietico, oggi delle multinazionali e dei gruppi bancari mandanti delle riforme costituzionali, sempre protettore della peggiore classe politica. Se Napolitano sta dalla parte del Sì – conclude il parlamentare Cinquestelle – io immediatamente voto No, perché so che è un soggetto da sempre altamente pericoloso e me ne assumo la responsabilità”.  Della partita anche l’ex pm Antonio Ingroia: “La vittoria del Sì il 4 dicembre farebbe indubbiamente felici le mafie, perché la riforma Renzi-Boschi-Napolitano va incontro alle esigenze di quelle lobby più o meno occulte, tanto quelle legali quanto quelle illecite, e quindi anche le organizzazioni criminali come Cosa nostra”. E incalza: “Questa pessima riforma rappresenta un attacco non solo alla Costituzione, ma alla nostra democrazia. L’attacco finale dopo un assedio durato 40 anni, iniziato alla metà degli anni Settanta. Ora c’è Renzi, ma Renzi non è che il ‘fattorino’ mandato per saldare i conti”. Anche Elvira Savino, deputata di Forza Italia attacca il presidente emerito: “Se, come dice il senatore a vita Napolitano, per giudicare Renzi ci sono le elezioni politiche nel 2018 e non il referendum, perché allora per giudicare il presidente Berlusconi nel 2011 è bastato l’imbroglio dello spread e non si è aspettato invece che si arrivasse alla fine naturale della legislatura? Se non si rispetta l’articolo 1 della Costituzione, quello per cui la sovranità appartiene al popolo, e il popolo aveva eletto Berlusconi al governo dell’Italia, allora è inutile ogni ulteriore commento di Napolitano sugli altri articoli”, conclude l’esponente azzurra.

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