Anticipi Cigs stoppati dagli automatismi bancari

17 aprile 2020

La burocrazia e gli automatismi bancari sono il vero ostacolo – al momento non superato – alla concessione da parte degli istituti di credito degli anticipi di cassa integrazione ai dipendenti di aziende in difficoltà per l’emergenza Covid. Ma non solo, i soldi dell’ammortizzatore sociale, al momento, è nei fatti negato ai dipendenti che non hanno un vero e proprio conto bancario. “I dottori commercialisti e gli esperti contabili – spiega Elbano de Nuccio, presidente Ordine dei commercialisti e esperti contabili di Bari – evidenziano che c’è un buco nero nel decreto Cura Italia che doveva offrire il primo sostegno ai lavoratori e imprese in gravi difficoltà per i danni economici innescati dall’emergenza coronavirus. I lavoratori in cigs che, anche a loro insaputa, sono entrati negli elenchi Crif o Cr come cattivi debitori non riescono a ricevere dalle banche gli anticipi della cassa integrazione per effetto degli automatismi nelle procedure” .

Insomma essere entrati negli elenchi Crif o Cr, in alcuni casi anche solo per aver avuto qualche problema con pagamenti di rate o bollette arretrate, impedisce l’erogazione degli anticipi ai singoli lavoratori. Ma anche per le aziende che già a fine 2019 erano in difficoltà le cose non vanno meglio. “Nella conferenza stampa di presentazione del decreto liquidità era stato dichiarato che i finanziamenti fino a 25.000 euro garantiti al cento per cento allo Stato sarebbero stati messi a disposizione delle imprese subito, e senza aspettare l’ok e del Fondo – spiega ancora de Nuccio – Però nella stessa conferenza stampa non è stato detto con altrettanta chiarezza che la garanzia statale risulta essere applicabile solo e unicamente alle imprese che anteriormente alla data del 31 gennaio 2020 non risultano avere nel loro bilancio crediti in sofferenza, partite incagliate, esposizioni scadute o inadempimenti. Con ciò di fatto vanificando e limitando la platea dei soggetti beneficiari di tale misura”.

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Eppure negli altri Paesi europei le cose stanno diversamente: gli aiuti alle imprese vengono erogati diversamente e si concretizzano spesso in finanziamenti a fondo perduto. “Le difficoltà incontrate dalle nostre imprese per poter mettere in atto le misure previste dal decreto liquidità di fatto non sono state fronteggiate da altre imprese operanti in altri Paesi europei – prosegue il presidente dell’Ordine dei commercialisti e esperti contabili di Bari – In Germania per esempio il programma permette di richiedere a fondo perduto fino a 5.000 euro per i lavoratori autonomi e per le pmi fino a cinque dipendenti a tempo pieno, ma questo bonus si affianca anche il Fondo federale nazionale che aggiunge altri potenziali 9 mila euro per un totale di ben 14 mila euro. Per le imprese poi tra i 5 e 10 dipendenti il conto sale direttamente a 15 mila euro di fondi federali. E sono stati messi in campo altri 50 miliardi di euro da parte del governo tedesco”.

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