Parte in salita negoziato Bruxelles-Londra sul dopo la Brexit

Parte in salita negoziato Bruxelles-Londra sul dopo la Brexit
Michel Barnier e Boris Johnson
5 marzo 2020

“Ho l’impressione che si sottovalutino spesso i cambiamenti definitivi che si verificheranno” a causa dell’uscita del Regno Unito dal mercato unico europeo, alla fine del “periodo di transizione”, il prossimo primo gennaio. Lo ha detto il capo negoziatore dell’Ue per la Brexit, Michel Barnier, durante una conferenza stampa nel pomeriggio a Bruxelles, in cui ha riferito ai giornalisti come si è svolto il primo round delle trattative con il team dei negoziatori britannici condotti da David Frost sulle relazioni future del Regno Unito. “Il primo gennaio 2021 sarà molto diverso dal 31 gennaio 2020, quando si è realizzata la Brexit, innescando il periodo di transizione”, che Londra non vuole prolungare. Da quella data, ha avvertito Barnier “se nulla cambia, il Regno Unito lascerà l’Unione doganale e il mercato unico europeo”. E questo avrà “molte conseguenze alle quali dobbiamo prepararci. Non sarà più ‘business as usual'”.

“Dal primo gennaio – ha spiegato il capo negoziatore europeo – dovranno tornare a essere applicate le formalità doganali a tutte le importazioni ed esportazioni dal Regno Unito all’Ue e viceversa; gli istituti finanziari stabiliti nel Regno Unito perderanno il ‘passaporto finanziario'” che permette loro di operare nel mercato unico Ue; in più, “tutti certificati di conformità rilasciati nel Regno Unito, per esempio per la auto o per i dispositivi medicali, perderanno lo loro validità nell’Ue”. E se anche si riuscirà a stipulare l’accordo di partenariato sulle relazioni future, “questi punti di frizione non potranno essere evitati”, ha precisato Barnier. Nel negoziato con il Regno Unito, ha ricordato, sono stati aperti “undici tavoli di negoziato”, che comprendono “tutti i punti indicati dalla ‘Dichiarazione politica’, sottoscritta dall’Ue e dal premier britannico Boris Johnson il 17 ottobre scorso, con l’eccezione della politica estera e di difesa, perché Londra ha “indicato che non intende negoziare un accordo specifico in questo settore”.

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Confrontando i due mandati negoziali, che sono stati approvati e pubblicati recentemente, “constatiamo delle convergenze su alcuni obiettivi e alcuni punti specifici, per esempio la cooperazione nel nucleare civile; ma per esser franchi ci sono molte divergenze, e molto serie”, ha sottolineato. Le divergenze sono, in particolare, “in quattro campi: anzitutto il ‘level playing field’, cioè l’impegno a impedire distorsioni nel commercio e condizioni di concorrenza sleale, mantenendo norme elevate. I britannici dicono di voler mantenere le loro norme elevate, ma non vogliono tradurre questi impegni in un accordo comune: se siamo d’accordo per avere norme elevate, perché non impegnarsi a creare meccanismi comuni formali per assicurare il rispetto di quest’impegno?” ha chiesto Barnier. La seconda divergenza è “nella cooperazione giudiziaria in campo penale”, che riguarda, ad esempio, la lotta al terrorismo e al riciclaggio del denaro sporco. Un accordo in questo settore presuppone “livelli elevati di protezione nel trattamento dei dati personali, a volte molto personali, come quelli relativi al Dna”. Ma, ha lamentato Barnier. “Il Regno Unito non vuole impegnarsi formalmente ad applicare le norme Ue sulla protezione dati e riconoscere il ruolo della Corte europea di Giustizia Ue” nel controllo di attuazione di quelle norme. “Per noi è un punto fondamentale: l’interpretazione del diritto Ue non può che passare per la Corte di Giustizia Ue”.

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“Se il Regno Unito manterrà questa posizione, ci sarà un effetto immediato di riduzione dell’ambizione della cooperazione” in questo campo. La terza divergenza riguarda la ‘governance’ del futuro accordo. “Il Regno Unito insiste per stipulare una molteplicità di accordi settoriali, particolari, caso per caso, dove ritiene che siano necessari. Non capiamo perché, invece di tanti di accordi particolari o settoriali, non iscrivere tutto in un unico accordo complessivo di associazione, come noi proponiamo. Non è una questione ideologica. Una governance orizzontale assicurerebbe un accordo efficace – ha continuato il capo negoziatore Ue -, evitando una molteplicità di accordi paralleli che oltretutto dovrebbero essere ratificati ognuno singolarmente”. Avere un quadro di collaborazione “efficiente durevole, ambizioso e che non limiti le possibilità di affrontare nuove sfide”, è un interesse di entrambi, “come dimostra l’attualità in materia sanitaria” con la vicenda del coronavirus, ha sottolineato.

Quarta e ultima divergenza: “Il Regno Unito – ha spiegato ancora Barnier – non vuole l’accordo con l’Ue sulla pesca; vorrebbe, invece, negoziare l’accesso alle acque britanniche su base annuale. Per me, che sono stato ministro della Pesca (in Francia, ndr), è una soluzione impraticabile”. Londra vorrebbe seguire il modello degli accordi di pesca Ue-Norvegia, ma in quel caso “parliamo di cinque specie” ittiche, mentre “con il Regno Unito ci sono un centinaio di specie, non è possibile”, ha obiettato il capo negoziatore europeo. E ha avvertito: “per noi, un accordo commerciale ed economico” per le relazioni post Brexit dovrà includere una soluzione equilibrata sulla pesca”. Infine, Barnier ha affermato che, secondo lui, le possibili chiavi per il successo del negoziato sono due: “Non fare retromarcia sugli impegni presi”, come quello sul “level playing field”, e “mostrare rispetto reciproco”, comprendendo, ad esempio, che la piena indipendenza e sovranità rivendicata dal Regno Unito con la Brexit non può essere affermata a scapito della sovranità e integrità dell’Ue. L’accordo con il Regno Unito, insomma, è “possibile ma difficile”, ha concluso Barnier. askanews

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