Ue: nuovo record debito Italia, niente crescita e solo parole sulle privatizzazioni

Ue: nuovo record debito Italia, niente crescita e solo parole sulle privatizzazioni
Giovanni Tria e Pierre Moscovici
7 maggio 2019

L’Italia ultima in Europa per crescita dell’economia nel 2019, con un deficit che senza aumento dell’Iva arrivera’ al 3,5% l’anno prossimo e un debito record nel 2020. Questo il quadro fosco che la Commissione europea dipinge per l’Italia nelle sue previsioni di primavera. Previsioni economiche pubblicate oggi a Bruxelles, secondo le quali, si profila un incremento sostanziale del debito pubblico italiano, al 133,7% del Pil nel 2019, e al 135,2% nel 2020. Due cifre che rappresentano due nuovi record, visto che il debito dello Stato, dopo essere aumentato costantemente dal 2007 al 2013, fino ad arrivare al 129%, era rimasto abbastanza stabile, poco sopra il 131%, dal 2014 al 2017, riprendendo ad aumentare solo nel 2018 132,2%). Allargando lo sguardo a tutta la storia dello Stato unitario, si tratta anche dei livelli più alti mai registrati dalla metà degli anni ’20 del secolo scorso (solo dal 1919 al 1924 aveva superato il 130%, arrivando al record assoluto del 160,5% nel 1920, a causa dei debiti contratti per lo sforzo bellico della prima guerra mondiale).

Le ragioni dell’attuale impennata sono da ricercare soprattutto in tre fattori: innanzitutto, l’aumento del deficit di bilancio annuale (dal 2,1% del Pil del 2018 al 2,5% nel 2019, con proiezione al 3,5% nel 2020, a politiche invariate), che ha un effetto diretto sul debito cumulato, in particolare in presenza di una diminuzione dell’avanzo primario (il bilancio al netto della spesa per interessi); poi la vistosa frenata della crescita economica – che è passata dall’1,7% del 2017 allo 0,9% del 2018, e dovrebbe fermarsi quasi del tutto, allo 0,1%, nel 2019 – che va a diminuire il denominatore della frazione debito/Pil; infine, la mancata attuazione, almeno finora, delle privatizzazioni, che secondo il governo italiano avrebbero ridotto il debito pubblico di un punto percentuale nel 2019 e di 3 decimi di punto nel 2020. Cifre, queste, a cui la Commissione europea non ha mai creduto, e che, a differenza del governo, non ha preso in conto nelle sue previsioni.

Prima del voto del 26 maggio in Italia per rinnovare il parlamento europeo non ci saranno dunque interferenze europee sui conti pubblici nazionali. Subito dopo la Commissione fara’ il punto della situazione ma si ritiene improbabile una scelta di rottura in questa fase. Ciononostante non deve essere sottovalutato il fatto che verso l’Italia si nutrano gli stessi sospetti e timori espressi nei mesi del duro negoziato sulla ‘finanziaria’ 2019. Non c’e’ capitale della zona euro che abbia sostenuto il premier Conte quando il governo tento’ lo sfondamento delle regole del patto di stabilita’. Tutto l’Eurogruppo si schiero’ con la Commissione. Ne’ e’ attesa dal risultato del voto europeo una svolta sulle strategie di bilancio, semmai il contrario: anche forze politiche al governo vicine allo spirito e alle politiche populiste/sovraniste delle forze di maggioranza italiane, sono ultraortodosse sul rispetto delle regole sulla finanza pubblica.

Dalle tabelle pubblicate dalla Commissione emerge che l’Italia e’ in fondo alla classifica della zona euro anche per investimenti, che caleranno quest’anno dello 0,3% e l’anno prossimo aumenteranno solo dello 0,9% (in Grecia, per fare un esempio, gli investimenti complessivi cresceranno del 10% sia quest’anno che il prossimo) e per tasso di disoccupazione, che ritorna ai livelli pre-crisi in tutta la zona euro, ma che da noi arrivera’ a toccare quota 11% l’anno prossimo. Ci sara’ un effetto aumento della disoccupazione anche legato al reddito di cittadinanza, spiega la Commissione, ma si tratta di un effetto statistico legato al fatto che piu’ persone si presume andranno a registrarsi nelle liste di disoccupazione. L’effetto della frenata della crescita non puo’ che deteriorare la tenuta dei conti, ribadisce Bruxelles: e cosi’ emerge che nelle previsioni della Commissione il deficit italiano e’ previsto al 2,5% quest’anno e al 3,5% l’anno prossimo (senza aumento dell’Iva) e il debito pubblico, anziche’ diminuire, aumentera’ al 133,7% del Pil nel 2019 e dovrebbe raggiungere la quota record di 135,2% del Pil nel 2020, come detto.

Inoltre, le due misure bandiera della maggioranza di governo, reddito di cittadinanza e Quota cento, contribuiranno a gonfiare la spesa: “la spesa pubblica aumentera’ in modo significativo a seguito dell’introduzione del reddito di cittadinanza e di diverse disposizioni in materia di pensioni, tra cui un nuovo regime di prepensionamento”, si legge nel documento della Commissione. Le stime di Bruxelles confermano che l’Italia non ha rispettato le regole sul debito del 2018, ma non comportano una richiesta immediata di intervento. Secondo quanto si apprende, la Commissione europea infatti adottera’ il pacchetto economico di primavera il 5 giugno prossimo, compreso il rapporto 126.3 sul debito dell’Italia che costituisce il primo passo verso una possibile procedura per deficit eccessivo.

La crescita “molto debole dell’Italia ha un impatto sui conti”, ma la valutazione della Commissione “sulla conformita’ dei conti italiani al patto di Stabilita’ sara’ fatta a giugno”, conferma il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. Il verdetto, per ora, e’ rimandato. E’ ora pressoché inevitabile che il 5 giugno prossimo, quando presenterà il suo “pacchetto di primavera” con tutte le valutazioni delle leggi di bilancio degli Stati membri dell’Eurozona, o poco più tardi, la Commissione presenti anche un rapporto sulla mancata riduzione del debito pubblico da parte dell’Italia (il cosiddetto rapporto art. 126.3), da sottoporre entro luglio al Consiglio Ecofin. Secondo le regole del Patto di Stabilità, l’Italia dovrebbe tagliare di un ventesimo all’anno, in media, la differenza fra il livello attuale del debito pubblico e la barra del 60% del Pil, prescritta dal Trattato sull’Unione monetaria, oppure giustificare in base a quali “fattori rilevanti” non si è potuta effettuare la riduzione.

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