Ucraina, le due strade davanti a Putin sempre più ripide

Ucraina, le due strade davanti a Putin sempre più ripide
Vladimir Putin
14 febbraio 2022

Le voci si rincorrono sui canali Telegram in russo di un possibile incontro di Vladimir Putin e Aleksandr Lukashenko dal quale potrebbe venire fuori la notizia di un ritiro delle truppe russe dalla Bielorussia. Se così fosse sarebbe il primo vero segnale di de-escalation, a fronte di innumerevoli che parlano di escalation. Ma il Cremlino che conferma l’incontro, sui contenuti dice “non corriamo”. E Putin intanto vede oggi “i due Sergei”, ovvero il ministro della Difesa Shoigu e quello degli Esteri Lavrov, proprio mentre il cancelliere tedesco Olaf Scholz è a Kiev per proseguire verso Mosca. La paura di un conflitto è altissima anche nella Federazione Russa. Non è soltanto nelle menti dei connazionali di Putin – più del Covid come spiega un sondaggio del centro demoscopico Levada – , ma anche in Borsa. Il mercato azionario russo e il rublo sono crollati sotto i colpi delle crescenti tensioni sull’Ucraina durante il fine settimana, dopo che l’Occidente ha accusato la Russia di voler invadere il suo vicino nei prossimi giorni, cosa che Mosca nega. Qualcosa dipenderà anche dalla capacità del neofita Scholz nei prossimi colloqui con Putin: fare sentire il peso economico delle 3.600 società con capitale tedesco attive in Russia, oltre al progetto di gasdotto comune Nord Stream 2.

Un punto è chiaro: nella forte presenza militare russa intorno al confine nord orientale dell’Ucraina, le esercitazioni congiunte bielorusso-russe (dal 10 al 20 febbraio) sono sicuramente un punto nevralgico, che rappresenta una dimostrazione muscolare non soltanto per Kiev ma anche per la Polonia (Paese Ue e Nato). Sul menu del giorno “attacchi aerei su un finto nemico durante le esercitazioni”, rende noto Minsk. Domani a Mosca si terranno i negoziati tra il ministro Lavrov e il collega della Polonia Zbigniew Rau. Rau, ministro degli esteri polacco ma anche presidente di turno presso l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, arriva a Mosca già oggi su richiesta ucraina. Ma al di là della partita europea, c’è quella globale, di una crisi nei rapporti Usa-Russia che non si vedeva dalla guerra fredda. Un aspetto è ben chiaro ai russi. Le scelte della Casa Bianca di Joe Biden oggi sono ben diverse da quelle del 2014, quando i funzionari di Barack Obama assistettero all’annessione della Crimea. E questa situazione mette ulteriore pressione su Putin, costringendolo a prendere una decisione definitiva: o tutti indietro, dipingendosi come un pacificatore, o l’alternativa più invisa a tutti. Il suo portavoce Dmitry Peskov oggi ha detto: ci stiamo preparando al peggio, lavorando per il meglio.

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L’11 febbraio, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che la Russia potrebbe lanciare una nuova invasione dell’Ucraina in qualsiasi momento. Lo stesso giorno, Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha affermato che una possibile invasione militare russa dell’Ucraina potrebbe iniziare con attacchi aerei e missilistici. Tra le possibili date dell’invasione riportate in Occidente ci sono il 15 e il 16 febbraio. Intanto in questi giorni la questione chiave alla Duma (camera bassa del Parlamento russo) è il progetto di appello sul riconoscimento delle autoproclamate repubbliche ucraine indipendentiste DPR e LPR: qualcosa di davvero stridente rispetto agli accordi di Minsk. Domani 15 febbraio saranno inviate al Consiglio della Duma di Stato due bozze sul riconoscimento delle Repubbliche popolari indipendentiste ucraine di Donetsk e Lugansk. La prima sarebbe diretta al presidente russo, la seconda (appoggiata dal partito di maggioranza Russia Unita) al ministero degli Esteri russo, “per velocizzare la procedura di riconoscimento”.

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