Fondi Ue post Covid, la clausola Stato di diritto nuovo scoglio per Recovery Fund

Fondi Ue post Covid, la clausola Stato di diritto nuovo scoglio per Recovery Fund
Ursula von der Leyen
2 ottobre 2020

C’è un nuovo scoglio nel già complicato negoziato in corso a Bruxelles per l’approvazione dei testi giuridici necessari a mettere in pratica il Recovery Plan post pandemico europeo (“Next Generation EU”). I paesi “frugali” si oppongono al tentativo di compromesso messo in campo dalla presidenza tedesca di turno del Consiglio Ue per cercare di superare l’opposizione dei paesi di alcuni dell’Est (in particolare Ungheria e Polonia) alla clausola del rispetto dello stato di diritto come condizione per accedere ai finanziamenti del Recovery Fund. Per i “frugali” (soprattutto Olanda e Austria, con Svezia, Danimarca e Finlandia più defilate) il testo della presidenza tedesca è troppo “morbido”, annacquato rispetto alla clausola originaria contenuta nell’accordo politico che il Consiglio europeo aveva approvato a luglio. In questo sono apparentemente d’accordo con la posizione ufficiale del Parlamento europeo, che difende una versione molto rigorosa della clausola sullo stato di diritto come una questione di principio e di democrazia.

Ma mentre con il Parlamento europeo il Consiglio Ue, rappresentato dalla presidenza tedesca, contava di poter raggiungere un compromesso, vista la posizione alla fine sempre accomodante della maggioranza dell’Assemblea quando si tratta di far prevalere l’interesse generale, l’opposizione di diversi paesi all’interno del Consiglio stesso rischia di essere più difficile da superare. Le due posizioni contrapposte sono note: per Ungheria e Polonia, la clausola deve riguardare esclusivamente le inefficienze di bilancio, ovvero i rischi di malversazione finanziaria e corruzione che potrebbero compromettere il buon uso dei fondi Ue; in altre parole, protezione del bilancio comunitario e controllo del rispetto dello stato di diritto devono restare separati. La versione più rigorosa della clausola, sostenuta dal Parlamento europeo e dai “frugali”, non prevede questa limitazione ed esige il rispetto dello stato di diritto in tutta la sua portata (separazione dei poteri e indipendenza della magistratura, pesi e contrappesi istituzionali, libertà e pluralismo dei media, etc), indipendentemente dall’impatto sull’esecuzione del bilancio comunitario.

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Nel testo della presidenza tedesca, che va incontro all’Ungheria e ai suoi alleati, non si parla neanche più esplicitamente di stato di diritto (“rule of law”), ma di “violazioni” (“breaches”) che poi vanno definite. Va detto che il compromesso è stato approvato dagli ambasciatori degli Stati membri a maggioranza qualificata, con nove paesi contrari: i cinque “frugali” più Belgio, Lussemburgo, e, per motivi contrari, Polonia e Ungheria. La strategia da parte dei “frugali” è chiaramente quella di usare questo tema come un pretesto per ritardare l’approvazione del Recovery Fund, che non hanno interesse diventi operativo. E siccome diversi passaggi prima che il Fondo possa entrare in funzione (comprese le ratifiche nazionali del nuovo tetto di impegni finanziari del bilancio Ue) prevedono il consenso unanime degli Stati membri, pesa la prospettiva di possibili veti incrociati.

Arrivando al Consiglio europeo, a Bruxelles, il premier olandese Mark Rutte non avrebbe potuto essere più chiaro: “L’accordo di luglio era su un pacchetto. E io sono stato in grado, e non è stato facile, di trovare la maggioranza nel mio Parlamento per quell’accordo completo (…). L’impegno politico, nel Parlamento olandese, è sul pacchetto completo dell’accordo in cui c’è la clausola sul rispetto dello stato di diritto” per accedere ai finanziamenti europei. Ma, ha continuato il premier olandese, “ora c’è una proposta tedesca che punta a un accordo, e pensiamo che questa proposta non sia ancora al livello che vogliamo; non pensiamo che basti – ha insistito Rutte – e speriamo che anche il Parlamento europeo sia molto rigoroso su questo”. Se continua questa preoccupante situazione di stallo potrebbe essere necessario un dibattito fra i capi di Stato e di governo nel Consiglio europeo, già a metà ottobre, contando sul fatto che nessuno si vorrà prendere la responsabilità di far saltare il nuovo bilancio pluriennale insieme al Recovery Fund. askanews

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