Gaza, Netanyahu isolato: Londra congela accordi commerciali e Bruxelles rivede i trattati con Israele

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Benjamin Netanyahu

Israele si trova al centro di una tempesta diplomatica senza precedenti. Le critiche dell’Unione Europea hanno scatenato una reazione dura da parte del governo di Benyamin Netanyahu, mentre cresce la pressione da più fronti occidentali per un cambiamento di rotta nella gestione del conflitto a Gaza e delle relazioni con i palestinesi. L’Europa, guidata dall’Alta rappresentante Kaja Kallas, ha annunciato l’intenzione di avviare una revisione dell’accordo di associazione con Israele, siglato venticinque anni fa, in risposta alla situazione umanitaria drammatica nella Striscia di Gaza e alle accuse di violazioni dei diritti umani.

Il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Oren Marmorstein, ha respinto categoricamente le critiche, accusando Bruxelles di “totale incomprensione” della realtà affrontata da Israele e sostenendo che tali dichiarazioni “incoraggiano Hamas a mantenere le sue posizioni”. Ma l’UE non è sola nel suo giudizio severo. Londra ha aperto un nuovo fronte, con il primo ministro britannico Keir Starmer che ha condannato la guerra a Gaza come “del tutto sproporzionata”, ha congelato i negoziati per un accordo commerciale post-Brexit con Israele e ha annunciato sanzioni mirate contro leader dei coloni accusati di violenze sistematiche nei confronti dei palestinesi.

A Bruxelles, una “forte maggioranza” di Paesi UE si è schierata a favore di una revisione sostanziale delle relazioni con lo Stato ebraico. La proposta, avanzata dai Paesi Bassi e sostenuta da Spagna, Francia, Irlanda e Slovenia, punta a riattivare l’articolo 2 dell’accordo di associazione, che vincola la cooperazione al rispetto dei diritti umani. Sebbene non si preveda la sospensione completa dell’accordo, il blocco del piano d’azione potrebbe rallentare significativamente l’avanzamento delle relazioni bilaterali, con ripercussioni economiche considerevoli: l’accordo è alla base di uno scambio commerciale annuo di oltre 46 miliardi di euro. Tuttavia, non tutti i Paesi europei sono allineati. Italia e Germania, insieme ad Austria, Ungheria e Repubblica Ceca, si sono opposte all’iniziativa, evidenziando le divisioni interne all’UE.

Roma e Berlino hanno espresso preoccupazione per l’impatto di una rottura completa con Israele, cercando di mediare tra le parti. Nel frattempo, l’escalation diplomatica continua. Il Regno Unito ha inviato un chiaro messaggio, definendo “assolutamente inadeguati” gli sforzi israeliani per alleviare la crisi umanitaria a Gaza. Il ministro degli Esteri britannico David Lammy ha convocato l’ambasciatrice israeliana Tzipi Hotovely, accusando Tel Aviv di “bloccare gli aiuti” e avvertendo che Israele rischia un “crescente isolamento” dagli alleati. Una posizione durissima, ribadita dal premier Starmer alla Camera dei Comuni: “Non possiamo permettere che la popolazione di Gaza muoia di fame”.

La Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, mantiene invece un atteggiamento più cauto, ma la decisione di accelerare l’allocazione di fondi per sostenere l’Autorità nazionale palestinese e l’UNRWA segnala un cambio di tono. Con un pacchetto da 1,6 miliardi di euro destinato a finanziare istruzione e sanità nei territori occupati, Bruxelles cerca di mitigare la crisi mentre aumenta la pressione su Israele.

Il mondo osserva, e la storia giudicherà. Per ora, la linea tracciata dall’Europa e dal Regno Unito sembra invalicabile: Israele deve scegliere se continuare sulla sua strada o accettare un compromesso che potrebbe cambiare radicalmente il corso delle sue relazioni internazionali.