I miliardi del Fondo di rilancio europeo, una trappola per “topi”?

I miliardi del Fondo di rilancio europeo, una trappola per “topi”?
Valdis Dombrovskis
20 maggio 2020

E’ giallo sul “legame” che la Commissione europea intende creare tra i finanziamenti che arriveranno dal piano di rilancio dalla crisi pandemica, atteso il 27 maggio, e le cosiddette “riforme strutturali” dell’economia che da anni, con esiti discutibili, l’Esecutivo comunitario raccomanda agli Stati membri nell’ambito del “semestre europeo” sulla sorveglianza dei bilanci. Si tratterà di un meccanismo virtuoso che aiuterà a risollevarsi i Paesi più in difficoltà a seguito della crisi pandemica, evitando pericolose divergenze fra le economie nazionali in seno al mercato unico, e incentivando la transizione ecologica e digitale?

O sarà piuttosto un nuovo strumento di pressione, per far passare provvedimenti politicamente controversi, quando non circondati da aperta ostilità da parte delle opinioni pubbliche nazionali, su temi sensibili come le pensioni o la flessibilità sul mercato del lavoro? Si tratta di un quesito che per ora resta irrisolto, nonostante la diverse domande sul tema che si sono visti rivolgere oggi a Bruxelles tre esponenti chiave della Commissione europea – il vicepresidente esecutivo per ‘Economia, Valdis Dombrovskis, il commissario responsabile degli Affari economici e finanziari, Paolo Gentiloni, e quello responsabile del Lavoro e diritti sociali, Nicolas Schmit – durante la conferenza stampa online di presentazione delle ultime “Raccomandazioni specifiche per Paese”, nell’ambito del “semestre europeo”, che hanno per oggetto proprio le riforme strutturali dell’economia considerate necessarie in ogni Stato membro.

Raccomandazioni per Paese che “ovviamente quest’anno sono diverse – ha detto Dombrovskis -, in quanto sono concentrate sulla risposta immediata alla crisi, sul supporto ai redditi, sulla liquidità per le imprese, sulla risposta sociale”, su quello, insomma, che attualmente gli Stati membri stanno facendo”, e non contengono invece le usuali valutazioni sugli obiettivi delle politiche di bilancio. Il vicepresidente esecutivo ha spiegato che “quando discuteremo degli strumenti per la ripresa e nello specifico del ‘Recovery and Resilience Facility’ (come si chiamerà il nuovo Fondo di rilancio post crisi pandemica nella proposta della Commissione, ndr), ci sarà un chiaro legame tra le raccomandazioni del semestre europeo e i finanziamenti del Fondo. Quindi – ha chiosato Dombrovskis – questo sarà un ulteriore strumento, per così dire, per facilitare l’attuazione delle raccomandazioni specifiche per Paese”.

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Gentiloni ha confermato che “ci sarà un legame tra i piani di rilancio e le nostre raccomandazioni specifiche per Paese, e sono certo che gli Stati membri, sapendo di cosa si tratta, avranno molta attenzione. Anche se queste raccomandazioni sono state molto particolari perché, per tenere conto della pandemia, le abbiamo cambiate molto rapidamente”. Ma allora, è stato chiesto, significherà che i soldi verranno concessi solo in cambio di riforme? Che serviranno a dare forza (“give teeth”, in inglese) al semestre europeo, e che senza riforme non ci saranno soldi? “Il nostro ‘strumento per la ripresa’ – ha risposto ancora Dombrovskis – avrà diversi principi e strumenti. Sarà presentato tutto la prossima settimana. Il ‘Recovery and Resilience Facility’ è costruito essenzialmente sul modello già esistente dello ‘Strumento di bilancio per la convergenza e la competitività” dell’Eurozona, il Budgetary Instrument for Convergence and Competitiveness, o Bicc). Questo strumento, in realtà non è mai stato usato, ma è previsto entri in vigore dal 2021, e mira a fornire finanziamenti ai paesi dell’euro che si impegnano a realizzare certe riforme strutturali delle loro economie, verificandone l’attuazione nell’ambito del “semestre europeo”.

“Fondamentalmente – ha continuato il vicepresidente esecutivo – è lo stesso concetto: finanzieremo pacchetti di riforme e investimenti degli Stati membri, in questo caso specifico legati ai piani di ripresa che presenteranno i Paesi; e il semestre europeo e le raccomandazioni specifiche per Paese daranno l’orientamento (‘guidance’, ndr) agli Stati membri per preparare questi piani di resilienza e ripresa”. Il legame alle raccomandazioni per Paese sarà dunque “chiaro”; inoltre, “considererà anche le più ampie priorità Ue, e forse delle specifiche sfide che gli Stati membri dovranno affrontare nei loro piani di ripresa”, ha aggiunto il vicepresidente. Rispondendo alla stessa domanda Gentiloni ha aggiunto: “Non direi che il Recovery plan ‘darà le unghie’ al processo del semestre europeo. Direi che di sicuro gli darà potenza di fuoco, e questa potenza di fuoco di bilancio, comune, sarà legata a delle priorità, certamente; ma dal mio punto di vista questo non significa dare forza solo alla parte relativa alla vigilanza. C’è un messaggio molto positivo: abbiamo strumenti comuni e cercheremo di usarli su priorità identificate assieme e condivise”.

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A quel punto in maniera del tutto esplicita è stato chiesto ai tre esponenti dell’Esecutivo comunitario se temi controversi come l’età di pensionamento e la flessibilità del mercato del lavoro continueranno a fare parte delle raccomandazioni specifiche per Paese. Ancora una volta il primo a rispondere è stato Dombrovskis. “Le riforme – ha detto – andranno viste nel contesto del semestre europeo e delle priorità generali previste dalla nostra strategia di sostenibilità annuale e si concentreranno su quattro aspetti: stabilità economica, equità sociale, sostenibilità ambientale e produttività, che sono elementi necessari per assicurare uno sviluppo di successo delle nostre economie”. “Ci concentreremo su queste quattro aree e anche sulle raccomandazioni specifiche per Paese al di là della risposta immediata alla crisi, e sottolineerei anche il nostro lavoro sulla trasformazione digitale e sulla green economy, che – ha ripetuto – svolgeranno un ruolo cruciale nel nostro Recovery plan”. Una risposta cauta, quindi. Non è un chiaro sì, ma ancor meno è un no. E il precedente accenno alla presentazione della proposta la prossima settimana fa pensare al fatto che la questione sia ancora oggetto di dibattito.

Per Gentiloni “è chiaro che lo sforzo che forniremo con questo piano di rilancio e i suoi finanziamenti è per supportare i settori e le aree più colpite. Questo era chiaro anche nelle conclusioni del Consiglio europeo. Ma le priorità di cui abbiamo parlato oggi saranno assolutamente cruciali: sia il pilastro sociale, che la sostenibilità ambientale e la transizione digitale, tutti gli obiettivi strategici della Commissione, dovranno essere tutte priorità nei piani di ripresa” nazionali. “Poi certamente – ha aggiunto – Paese per Paese ci saranno raccomandazioni e impegni specifici”. Anche qui una riposta cauta, quindi. Infine, il commissario lussemburghese Nicolas Schmit, all’ultima risposta (sulla domanda che era stata posta da una giornalista francese) è stato forse il più esplicito, anche se pure lui in modo indiretto. “Se guardiamo per esempio alle raccomandazioni per la Francia, i riferimenti non sono magari quelli a cui faceva allusione la domanda (cioè pensioni e flessibilità del lavoro, ndr), ma agli obiettivi di un mercato del lavoro molto inclusivo e di investire enormemente sulle competenze. Credo che in questo periodo di grandi transizioni siano questi i progetti di riforme necessari per permettere ai mercati del lavoro di funzionare meglio e per consentire, in particolare ai giovani, di accedervi”.

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Questa prudenza e ambiguità, e questi lunghi giri di parole a fronte di domande esplicite alimentano l’ipotesi che la questione non sia ancora chiusa, ma sia tuttora oggetto di discussioni in seno alla stessa Commissione europea, che è in costante consultazione con i governi degli Stati membri, in vista delle proposte che verranno formalizzate il prossimo 27 maggio. A quel punto si saprà se il nuovo strumento annunciato – il “Recovery and Resilience Facility” – sarà davvero un aiuto ai Paesi e alle economie che rischiano di restare indietro, o se ricompariranno le “condizionalità” già tanto controverse nella discussione sul Mes, con l’obiettivo di rimettere in riga gli Stati membri che non attuano le raccomandazioni sulle riforme strutturali (altrimenti niente fondi). Posto che, come per altri aspetti chiave del piano – tra cui l’ammontare stesso del fondo di rilancio, e la parte rispettiva che avranno da una parte i prestiti e dall’altra le sovvenzioni – la questione non è ancora stata risolta, e potrebbe richiedere un compromesso.

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