Somalia: “Assurdo importare la pasta dalla Turchia, Italia può fare meglio”

Somalia: “Assurdo importare la pasta dalla Turchia, Italia può fare meglio”
6 aprile 2017

“L’Italia può fare meglio della Turchia, non solo in Somalia, ma in tutto il Corno D’Africa. Noi lo sappiamo, ma sembra mancare una strategia, un programma politico-economico dell’Italia verso questa regione che ha rapporti storici con voi”. A parlare ad askanews, in perfetto italiano, è il senatore somalo Mahdi Dahir Sheikh Nur, eletto quest’anno nella circoscrizione di Garowe, capoluogo della regione Puntland. “Ma le pare possibile che dobbiamo importare la pasta dalla Turchia?”. E sono società turche a gestire il porto e l’aeroporto di Mogadiscio, mentre sono i cinesi che hanno vinto concessioni per lo sfruttamento petrolifero in cambio della costruzione di infrastrutture in Puntland. “L’Italia sta ora finanziando la seconda fase dei lavori per l’ampliamento dell’aeroporto internazionale di Bosaso, perché non può essere un’azienda italiana a gestire lo scalo?”, chiede il senatore già imprenditore, in quanto titolare di un’azienda di import/export con sede a Dubai.

Un maggiore coinvolgimento italiano sarebbe auspicabile soprattutto ora, dopo l’elezione del nuovo presidente Mohamed Abdullahi Mohamed Farmajo che “può trasformare la Somalia”. La sua elezione, lo scorso febbraio, non è stata una sorpresa come sostenuto dalla stampa internazionale, ha tenuto a rimarcare il senatore Mahdi: “La mattina dell’elezione, durante il tragitto per raggiungere l’aeroporto di Mogadiscio dove si sarebbe tenuta la votazione, le macchine dei parlamentari dovevano fermarsi ai posti di controllo e qui i soldati ci chiedevano tutti di votare Farmajo. La popolazione ricordava il suo breve mandato da premier (tra il 2009 e il 2010, ndr), durante il quale aveva garantito il pagamento puntuale degli stipendi alle forze armate e aveva iniziato a combattere la corruzione. La gente ci ha chiesto di votarlo e noi lo abbiamo fatto”. Oggi è forte l’ottimismo per il futuro del Paese, anche perché, a differenza del passato, “possiamo contare su un’alleanza perfetta tra il presidente e il premier” Ali Hassan Khaire, in passato direttore regionale dell’ong Norwegian Refugee Council e direttore dell’azienda petrolifera britannica Soma Oil and Gas. Grazie al suo passato impegno con la ong norvegese, ha precisato il senatore, il premier “ha ottimi rapporti con i leader degli Stati federali somali e conosce bene la regione del Grande Corno D’Africa”. E al suo nuovo governo, insediato solo a fine marzo, Ali ha chiesto la dichiarazione dei redditi, perché sia chiaro l’impegno contro la corruzione.

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Dopo 25 anni di guerra civile, oggi il presidente e il suo governo rappresentano una “speranza” per il popolo somalo. Ma Farmajo “deve essere appoggiato, non a parole, ma con forte sostegno politico ed economico”. Le entrate dello Stato non bastano a garantire il pagamento degli stipendi dei funzionari pubblici, secondo il senatore, che stima in 10 milioni di dollari al mese gli introiti garantiti dalle uniche due fonti di reddito del Paese: porto e aeroporto di Mogadiscio. Per riportare stabilità al Paese e sconfiggere i “terroristi e mafiosi” Shebab, il presidente ha bisogno di avere alle spalle una struttura statale solida, di poter contare sulle forze armate, e questo può avvenire solo se verrà garantito il pagamento delle retribuzioni. Per questo “noi chiediamo non solo all’Italia, ma alla Comunità internazionale, prima di tutto sostegno al bilancio”. Essenziale per garantire forze armate somale capaci di contrastare i jihadisti Shebab, anche in vista del previsto ritiro della missione africana Amisom, che inizierà nel 2018 e si concluderà nel 2020. “Le nostre forze devono essere in grado di controllare il territorio”, perché questo è stato il punto debole della missione Amisom in tutti questi anni (la missione è attiva dal 2007, ndr): una volta cacciati gli Shebab da città e villaggi, non c’erano autorità capaci di insediarsi e garantirne il controllo. Il presidente Farmajo ha davanti a sé “sfide enormi”, ma “se fallisce lui, la Somalia sarà destinata a rimanere uno Stato fallito”, in completa balia delle tensioni di una regione da sempre instabile come il Corno d’Africa, perché strategicamente posizionata sul Mar Rosso. Da somalo cresciuto a Mogadiscio che ha studiato nelle scuole italiane, il senatore Mahdi si rammarica per l’esiguità del numero di suoi compatrioti che ancora oggi nutrono un profondo legame con l’Italia, a fronte di un crescente numero di somali “anglofoni”. E proprio il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, ha già fatto visita a Mogadiscio al nuovo presidente, ufficialmente per parlare della conferenza di maggio a Londra sulla Somalia.

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