Senato, maggioranza parte da 166. Occhi puntati su gruppo Autonomie

Senato, maggioranza parte da 166. Occhi puntati su gruppo Autonomie
7 settembre 2019

La crisi di governo aperta dalla Lega a Ferragosto si è chiusa nei tempi brevi auspicati dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: dopo 17 giorni dalle dimissioni del premier Giuseppe Conte, il 20 agosto, fino all’assunzione piena di un nuovo incarico per il governo il 4 settembre. Ma il Conte-bis, M5s-Pd, dovrà affrontare subito la prova dei numeri: alla Camera e soprattutto al Senato, che rappresenta il primo scoglio prima della legge di bilancio, altro passaggio particolarmente delicato. A sostenere il governo ci sono i due principali azionisti Pd e M5s, a cui si è aggiunta anche Leu, che ha anche ottenuto il ministero della Salute per Roberto Speranza. Disponibili anche i Gruppi per le Autonomie che però possono valutare un’astensione per i problemi avuti “con i cinquestelle sull’autonomia”.

Occhi puntati sul gruppo delle Autonomie, a palazzo Madama, in vista del dibattito e, soprattutto, del voto, prevedibilmente martedì, per la fiducia al governo Conte bis. 8 senatori, dei quali tre dell’Svp e due senatori a vita, le cui scelte avranno un peso per assicurare la navigazione della maggioranza ‘giallorossa’. Che al momento conta su 165-166 voti garantiti da M5S, Pd e Leu (che da soli si attestano su 162) e altri senatori delle Autonomie. Non abbastanza rassicuranti per una navigazione tranquilla, dato che la maggioranza assoluta è a quota 161. Fari accesi, naturalmente, sui cinque ex M5S nel gruppo Misto, fra i quali Paola Nugnes parrebbe la più chiaramente orientata a favore. Solo domenica i due senatori del Maie, Ricardo Merlo e Adriano Cario, con una conferenza via Skype, decideranno il da farsi.

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Alcuni, come il dissidente M5s Gianluigi Paragone e il senatore del Pd Matteo Richetti, hanno annunciato che voteranno contro. Un “no” era stato pronunciato da Emma Bonino, leader di +Europa, ma Bruno Tabacci, presidente di +Europa, si è detto favorevole, provocando una spaccatura. Così come, di sicuro, non voteranno la fiducia Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Giorgia Meloni ha lanciato una manifestazione di protesta davanti a Montecitorio nel giorno della fiducia a cui ha aderito anche la Lega di Matteo Salvini che ha poi rilanciato con un’altra manifestazione sabato 19 ottobre a Roma per, ha detto l’ex vicepremier, i “tanti italiani che sono disgustati e inorriditi di fronte al mercato vergognoso di queste settimane”.

Secondo quanto si è appreso, i senatori Svp, Julia Unterberger, Dieter Steger e Meinhard Durnwalder (nel gruppo Autonomie), propendono verso una benevola astensione. Ma sarà una riunione del partito, lunedì pomeriggio dopo le dichiarazioni programmatiche di Giuseppe Conte alla Camera, a decidere se attestarsi su questa linea o passare all’appoggio esplicito. Ma le interlocuzioni svolte nel frattempo con Maria Elena Boschi lascerebbero ben sperare la maggioranza. Quanto ai senatori a vita iscritti al gruppo, Elena Cattaneo sarebbe ancora indecisa, mentre non si sa se il Presidente emerito Giorgio Napolitano potrà essere in aula. Orientati a favore dell’esecutivo, infine, sono Pier Ferdinando Casini, Gianclaudio Bressa, e, a certe condizioni legate agli impegni sulle questioni del territorio e della montagna, di Albert Laniece (Union Valdotaine).

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Riepilogando. Alla Camera si vota la fiducia lunedì 9 settembre. La situazione è tranquilla: i soli gruppi di M5s, con 216 deputati, Pd con 111 e Leu con 14 deputati raggiungono 341 voti, ben di più dei necessari 315. Il 10 settembre, invece, la fiducia al Senato ha numeri più risicati. I Cinquestelle hanno 107 senatori e il Pd 51: i ‘giallorossi’ da soli si fermano a 158, tre in meno rispetto a quelli che servono per la maggioranza. Mancano dal calcolo i sei senatori a vita, il gruppo Misto – Leu e la pattuglia degli ex Cinquestelle, Emma Bonino e i due rappresentanti del Maie (italiani all’Estero) – e di quelli delle Autonomie.

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